MANUELA BEDESCHI
Scripta Manent
Stay tuned: a Soncino, le immagini, le opere luminose, le vetrate squillanti di accensioni
cromatiche - nell'antica torre che ospita il Museo della stampa/centro studi stampatori ebrei -
portano in alto. Ogni step, ogni sguardo, ogni opera diventa indicazione perfetta per ascendere a
una dimensione onirica. Di piano in piano i gradini dell'antico torrione si trasformano in una vera
scala verso il cielo: il sogno diventa così la chiave di lettura di un intervento artistico in cui ogni
senso può essere svelato e tutto può essere guardato, pensato e ascoltato. È come se si aprisse una
porta magica che permette di riflettere, analizzare, capire, e continuare a scoprire l'infinita strada
da percorrere.
Stay Tuned: questa mostra specialissima richiede dunque un'attività immaginativa supplementare: le
opere trasformano l'intero contesto in un viaggio fatto di scoperte capaci di far uscire dalla realtà,
perché agli sguardi del visitatore, tra continui interrogativi, tutto si propone come uno stimolo alla
fantasia e alla curiosità.
Stay Tuned. I neon accesi di colori saturi, di parole incastonate negli antichi spazi del Museo
rendono tangibile qualcosa che, per definizione, senza supporto e materializzazione, resterebbe
labile e volatile: il linguaggio verbale, col suo bagaglio lessicale, necessita infatti della parola
scritta. A tutto ciò rimanda una sorta di truism luminoso (per dirlo alla maniera di Jenny Holzer) che
recita Scripta manent. Appunto.
Stay Tuned: Manuela Bedeschi ha collocato dunque i suoi neon all'interno delle finestre dell'antica
casa torre del secondo quattrocento, appartenuta ai Soncino, e li ha resi due volte leggibili:
dall'interno e dall'esterno. Le opere sono scritte al neon, con parole da vecchi esistenzialisti post
concettuali: vola, sogna, segno'
Guarda, pensa, ascolta: la prima sala del museo, accanto all'antico torchio ligneo, presenta
operazioni ispirate, che rimandano ad esplorazioni in anfratti espressivi, scandagliati con una
caparbietà estetica che ancora produce effetti fecondi nei loro riverberi di luce e di senso.
Bellezza delle parole, reminiscenza di un'operazione che rimanda a Colui che, quando volle
creare il mondo, guardò la Torah, parola per parola: e il mondo fu. E dunque ecco che «in
principio era la parola»: perché la parola, di per sé, crea, stupisce, muove, ed è energia di
trasformazione e cambiamento. Le opere/moniti di Manuela sono infatti consigli per un'etica
dell'amore del pianeta e del prossimo. Imperativi per un'arte che chiede ai materiali raggianti e
radiosi, dunque a materiali estranei alla tradizione - ma comuni a una pratica
del contemporaneo che da Lucio Fontana porta a Bruce Nauman (e solo per fare due nomi) - di
tramutarsi in fonte di meraviglia e di emozionante stupore, grazie anche a un lessico essenziale e
affascinante come quello suggerito da Panta rei. Le scatole luminose creano dunque strutture
sceniche che si muovono sulle vibrazioni luministiche del materiale di partenza, il neon, che, nei
suoi riflessi, offre alle parole una consistenza fluida e fluttuante, capace qui di comunicare più della
carta.
Le vetrate, fatte di carte veline colorate, si accendono invece, al secondo piano della dimora dei
Soncino, grazie alla luce che filtra dalle finestre, come accadeva (e accade) nelle vetrate gotiche.
Entrano qui in gioco un'installazione e una strutturazione dello spazio che trovano nella carta il
necessario e dovuto confronto/omaggio alla tradizione del museo della stampa. Sfilano davanti a
noi note speciali di una messa in scena in cui la sensibilità femminile supera la razionalità dello
spazio e della tecnica per addentrarsi negli orizzonti della poesia. Il museo dunque si è ora
trasformato in un ambiente onirico, abitato da presenze e frequenze elettromagnetiche guizzanti: ci
si muove in una sorta di acquario vivente, abitato da lunghezze d'onda danzanti.
Stay tuned. Si procede ancora. E alla fine, in un buio corridoio, le scatole luminose della Bedeschi
si accendono di una esplosiva sostanza eversiva: deflagrano nella struttura museale. La loro luce e
la capacità di appropriarsi e trasformare lo spazio creano forze, di volta in volta, centripete e
centrifughe, che, nella loro instabilità, delineano il destino stesso delle forme, la loro vitalità, la loro
imprevedibilità, il fascino di un messaggio intrecciato di senso e di bellezza. Lo scintillio vibratile
dei riflessi dei neon dematerializza le pareti e dà forma alla materia dei sogni: materia biblica per
eccellenza. Lampeggia, dappertutto, una risacca di parole che sanno di avvertimento, di necessità
di “riparazione del mondo'. Paura, tensione, desiderio, sono affidate a messaggi di luce,
diventano un memento mori che trova, nella materia della contemporaneità, un raro e raffinato
strumento di meditazione, dove all'armonica interrelazione col museo è affidata una dimensione da
intervento site-specific. Testo di Gianfranco Ferlisi
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